giovedì 5 marzo 2009
I giornalisti entrano in Aula per provare il nuovo sistema «anti-pianisti», grande novità della legislatura. Il display guiderà i parlamentari riconoscendo le impronte digitali. Ma non tutti hanno accettato la novità.
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Prove tecniche di voto «trasparente». Entrano in aula i giornalisti. A Montecitorio la battaglia anti-pianisti si combatte con le impronte digitali e, per sperimentare il nuovo sistema, il presidente Gianfranco Fini invita i cronisti nell’emiciclo della Camera. Un inedito che serve a verificare la grande novità della legislatura, dopo le annose polemiche sul «malvezzo, diventato malcostume» – come dice Fini – dei parlamentari, che allungando il braccio, hanno votato troppe volte al posto dei vicini assenti. Ma l’idea di depositare le proprie «minuzie» non piace a tutti i 630 deputati. Anche se per ora sono solo 19 i "dissociati". Fini si dice convinto che non ce ne saranno molti di più e dunque, dalla nuova tecnica, non nascerà un «caso politico». Il nuovo meccanismo di voto è «estremamente semplice», spiega il presidente della Camera ai giornalisti, seduti per l’occasione al posto dei parlamentari, in vacanza, in attesa che entri in funzione il dispositivo tecnologico. «Ho parlato con i capigruppo e mi hanno assicurato che nessuno di loro intende dire "no" al nuovo sistema. Sono convinto che martedì prossimo, quando ci saranno le prime votazioni con questo nuovo sistema, non saremo in presenza di un numero di parlamentari» dissidenti esagerato, è certo Fini, che ieri ha lasciato anche la propria impronta (il ministro anti-fannulloni Renato Brunetta, chiamato in causa come "renitente", l’aveva già fatto). Due sono invece i deputati dispensati per ragioni fisiche. Mentre gli «obiettori» (tra i quali Guzzanti, il leghista Brigandì e il segretario del Pri Francesco Nucara) potranno votare con il vecchio sistema, ma i loro nomi saranno resi pubblici.In un clima disteso e scherzoso, e sotto lo sguardo curioso delle scolaresche sedute in tribuna, la platea d’eccezione dei giornalisti ascolta il presidente della Camera, pronta a sperimentare la novità. «Non esiste delega sul voto. È una questione di moralità pubblica», scandisce Fini. Quindi il presidente mette ai voti un testo in una simulazione e l’inedita assemblea approva la riduzione della Camera a trecento deputati. Tessera alla mano, e dito sinistro pronto a schiacciare il rilevatore, si apre la votazione. Il display guida all’operazione di voto, mentre a destra restano i tre pulsanti che consentono la scelta tra approvazione, bocciatura o astensione.Un sistema che comporterà un aumento esiguo dei tempi, stimato da Fini in un paio di secondi a voto. Un tempo facilmente recuperabile – ironizza il presidente della Camera – con la fine delle proteste per il voto plurimo. Operazione trasparenza, insomma, con l’auspicio del segretario dell’Associazione stampa parlamentare Claudio Sardo di un lavoro più facile per chi racconta, che dovrebbe finalmente trovarsi davanti a un’aula più piena.
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